La migliore pizzeria del mondo – La mia esperienza dai “Masanielli” a Caserta
Senza nulla togliere alla città, patria della sua famosa Reggia Borbonica – patrimonio dell’Unesco – trovo curioso il fatto che le due migliori pizzerie del mondo si trovino a Caserta e provincia.
Lo trovo romantico. Perché ovviamente la maggior parte delle persone si aspetta che la migliore pizza del mondo si trovi a Napoli. Invece il fatto che sia necessario andare in una zona più decentralizzata e meno decantata della città partenopea l’ho sempre trovato affascinante.
Rispetto a Caiazzo, che ospita “Pepe in Grani”, a Caserta si trova “I Masanielli”, vero e proprio culto per i pizza lover di tutto il mondo, guidato da Francesco Martucci, primo posto nella classifica “50 Top Pizza Italia” nel 2020, nel 2021 e nel 2022 giusto per citare un paio di riconoscimenti. Ed anche all’ora di pranzo, sotto il sole cocente di un anonimo sabato di fine giugno, si presenta una fila non certo indifferente.
L’ingresso è presidiato da una giovane donna – che almeno quando sono andato io aveva la luna un po’ storta – che presiede l’entrata. Dopo il via libera ricevuto tramite radio, la giovane lascia passare chi ha il tavolo pronto: ed una volta varcata la porta, si entra in quel magico mondo di lievito, fior di latte, pomodoro, basilico, mozzarella e tanta altra bontà.
L’ampiezza della sala mi sorprende, quasi mi spaventa: non credevo fosse così grande! Ha numeri da locale super turistico al centro di Roma, ma per fortuna con una qualità straordinariamente superiore.
Il personale di sala è numeroso ma non mi ha convinto al 100%. Diciamo che tra attitudine, accoglienza e servizio, ho visto decisamente di meglio in giro. Però per carità: sono lì per mangiare, non chiacchierare. E non baso certamente i miei giudizi sulla simpatia soggettiva. Capisco pure che siano ragazzi che fanno turni intensissimi e massacranti, probabilmente con un rapporto di un cameriere per almeno 5 tavoli, questo non va mai scordato. Aggiungo che nella pulizia dei tavoli sono veloci come delle macchine.
Sul beverage non posso soffermarmi perché non ho preso nulla, ma ovviamente sono andato a curiosare e, ad esempio, la carta delle birre era davvero imponente, oltre che ricca. C’erano tantissime scelte riferite a quel delizioso mondo delle birre acide, tante Italian Grape Ale, molta Ale, qualche Lager, ed anche alcune birre che costano più di molti Champagne: o sono davvero la fine del mondo o il locale ci fa sopra un grandissimo ricarico.
Apprezzo poi tantissimo la carte degli amari e dei distillati, dove tutto viene etichettato e descritto per dare al cliente – anche e soprattutto quelli meno informati – tutte le informazioni necessarie per capire in cosa consiste l’offerta.
Per quanto riguarda il vino, beh: partiamo dal fatto che in molti non credono che l’abbinamento pizza-vino sia fattibile – quanto si sbagliano… Qui il sommelier ha optato addirittura per una segmentazione in 8 categorie di vini, dai “dissetanti” ai “dinamici”, passando per i “golosi”, i “rassicuranti” e così via. Ho visto davvero un’ampia scelta, molte etichette – anche poco conosciute ai più – e con una grandissima diversificazione di stili per accontentare tutti i palati. Da standing ovation!
Passiamo ora alla parte divertente: il cibo. Ciò che sottolineo fin da subito è che in questo locale, dai piatti tradizionali a quelli innovativi, i prodotti sono ricercati e pregiati. Niente è anonimo: non esiste “l’aglio”, bensì “aglio Orsino”, ad esempio. Non c’è “olio EVO”: c’è “olio EVO Madonna dell’Olivo Core ‘ngrato”, oppure “olio EVO Fontana Lupo”. E così via per i pomodori, le olive, i capperi, le alici, la stracciata e tutto il resto. Non avete neanche lontanamente idea quanto io apprezzi queste cose. Sono segnali che indicano una voglia di qualità, una ricerca, un pensiero che va al di sopra del ragionamento “compriamo il meno caro”.
Cominciamo ora dagli antipasti. Niente di trascendentale qui: il maestro pizzaiolo Martucci ha preferito restare legato alle sue origini, optando per un classico Crocchè napoletano (non indimenticabile, più piccolo della media a cui sono abituato in costiera e nella penisola sorrentina), un arancino e due varianti di frittatine di pasta (uno dei miei fritti preferiti in assoluto): classico o alla marinara.
In modo assolutamente furbo ed intelligente, il maestro offre anche patatine fritte. Essendo un posto molto frequentato dalle famiglie, nonostante sia una pizzeria premium, la scelta è logica e permette ai tanti bambini presenti di poter sgranocchiare qualcosa.
Salto quantico e passo ai dolci prima di occuparmi delle pizze. In molte pizzerie il dessert, per qualche strambo motivo, è quasi totalmente disertato, limitato al massimo alla coppa del nonno o a un tiramisù confezionato. Qui invece c’è una scelta abbastanza variegata che passa dalla cheesecake ad una mousse ai lamponi, senza dimenticare “panna e fragole”: Fragole, pomodori al miele profumati al lime, arancia e limone, biscuit alla panna, panna montata al sifone, sorbetto alla fragola e basilico, pistacchi caramellati (questo secondo me era davvero sfizioso). Io ho optato per il Namelaka (una crema di origini giapponesi, qui rivisitata un po’ e presentata in uno stato più solido) al caramello, cioccolato e nocciole. Buono e sfizioso.
Piccola nota negativa, molto comune tra tante pizzerie: niente caffè… È ovvio che ci sia un ragionamento dietro, anche perché avere l’attrezzatura adatta per un caffè di qualità implica una certa spesa, certi macchinari, ma non capisco come mai molte pizzerie diano per scontato che chi venga a mangiare la pizza non voglia anche godere di un dolcetto ed un caffè a fine pasto. Se il primo elemento è abbondantemente offerto, la mancanza di caffè mi ha lasciato l’amaro in bocca (no pun intended).
Ora tocchiamo il core business. Già l’introduzione delle due pizze speciali dice tutto: pizze cotte a tre temperature, ovvero al vapore (100°), fritta (180°), al forno (400°). Praticamente una goduria con triplo salto carpiato.
La prima tra quelle disponibili è la loro “Futuro di Marinara”, una pizza che ultimamente sta veramente spopolando tra gli adepti del maestro: Crema di pomodoro arrosto, olive caiazzane, alici di Trapani, pesto di aglio orsino, capperi di Salina, origano dei Monti Lattari (€12).
La “Domenica”, per quanto prenda per la gola, penso che potrebbe davvero essere esagerata per una persona a pranzo non eccessivamente affamata: Ragù di pomodoro San Marzano DOP cotto 10 ore, punta di petto di bavarese marmorizzata, pecorino dei Monti Lattari; dopo cottura: pomodori secchi del Piennolo, maionese al ragù (€14).
Il prezzo di entrambe è importante, ma lo è anche la tripla cottura e la scelta degli ingredienti: tanto di cappello a chi, come il Maestro, si sforza per portare sul mercato un’offerta così fantasiosa e di ricerca! Sicuramente, qualora riuscissi a tornare, opterei per una di queste due pizze.
In modo classico (al forno) vengono cotte tutte le altre pizze, come le classiche “Margherita” (€7, mentre se si sostituisce il fiordilatte con la mozzarella di bufala campana DOP sale a €9), “Napoletana” (6€, credo la più economica in assoluto), le rivisitate come la “Genovese secondo Martucci” (€13) e la “Capricciosa secondo Martucci” (€13 anche essa) e tante altre ancora.
Io, dato il luogo, ho optato per il km zero: “Made in Caserta”, con Passata di pomodoro riccio selezione “I Masanielli”, mozzarella di bufala, salsiccia a punta di coltello di maiale grigio ardesia con finocchietto, olio EVO Fontana Lupo – €11,50.
Mamma mia; ragazzi, MAMMA MIA! Questo è ciò che andrebbe insegnato agli istituti alberghieri quando un/a ragazzo/a vuole diventare pizzaiolo/a. È senza ombra di dubbio la pizza più godereccia e gustosa che abbia mai mangiato!
L’impasto rasentava la perfezione. Il “cornicione” era bello alto; morbidissimo, mentre la base era sottile, leggera ma non flaccida, strutturata abbastanza per reggere l’abbondanza di condimenti e con una specie di “croccantezza” intrinseca che era piacevolissima. Di bruciature neanche l’ombra dell’ombra sulla base.
Sulla bontà del pomodoro e della mozzarella si potrebbe comporre una poesia, ma sinceramente non avevo il minimo dubbio sulla qualità di questi due ingredienti in quello che, probabilmente, è il loro migliore laboratorio di trasformazione in tutto il mondo. Straordinario anche l’olio EVO selezionato per questa pizza. Era saporito ma non invasivo, perfettamente bilanciato nella sua acidità e dosato correttamente per non ungere troppo la pizza.
Ma ciò che fa davvero commuovere è la salsiccia. Tralasciando il fatto che i semi di finocchio mi portato indietro a quando ero talmente piccolo che entravo in un bagaglio a mano – era il pane che si mangiava a casa dei miei nonni – la bontà della salsiccia è un qualcosa per il quale servirebbe la maestria di una leggenda come Andrea Petrini per descrivere correttamente il tutto. Giuro che non ho mai mangiato una salsiccia così buona, saporita e ben cotta come quella presente su questa pizza. Era talmente buona che farebbe vacillare anche una persona di filosofia vegana.
Davvero incredibile questa pizza. E cosa più importante: per niente pesante! Con un po’ più di fame, senza antipasto e dolce, avrei tranquillamente preso una seconda pizza – e sarebbe stata la scelta migliore!
IMPRESSIONI FINALI
Non sono stato convinto al 1oo% dal personale di sala e sono rimasto un po’ deluso dal Crocchè: si tratta di un autentico cimelio della cultura campana e speravo qui di trovarne uno capace di spostare il mio spirito in un’altra dimensione. Invece i migliori Crocchè continuo a trovarli a Meta di Sorrento. Il dolce era obiettivamente sfizioso, godereccio e ben eseguito: non faceva gridare al miracolo ma meritava.
La pizza era davvero SPAZIALE! Posso capire perché tanti giudichino la pizza dei “Masanielli” come la migliore al mondo. Vorrei poter andare prima da Franco Pepe a Caiazzo per poter fare una comparativa tra le due, ma ad oggi la pizza del Maestro Martucci è stata un’esperienza gastronomica che difficilmente dimenticherò.
Secondo me, qualora si venga in un gruppo di 3 o 4 persone, la cosa migliore in assoluto sarebbe prendere 4 pizze diverse e godere delle tante sfaccettature di sapori, consistenze ed ingredienti che la pizzeria offre. E se si viene solo ed esclusivamente per la pizza, essa vale il viaggio (che sia da Napoli, da Roma, da Milano, dalla Sicilia o dalla Valle D’Aosta).
Ci tornerò? Me lo auguro.
Il conto finale recita €26 per un Crocchè, un dolce, una pizza, una bottiglia d’acqua frizzante (Ferrarelle) – più il coperto ma non ricordo a quanto ammontava.
La pizza era davvero commovente.