A cena da “Le Colonne” di chef Rosanna Marziale (Caserta)
Avrei una gran voglia di parlare con l’ispettore/ispettrice della Guida Michelin che, nel 2021, ebbe la brillante idea di dire “secondo me la stella delle Colonne a Caserta dobbiamo rimuoverla”.
Questa esperienza è stata la conferma di come la guida di Bibendum sia una meravigliosa stella polare ma che fa solo parte di un’immensa costellazione di stelle – in senso figurato.
Perché se dovessi attenermi ai giudizi della guida, andare in un ristorante che ha perso la sua unica stella Michelin sarebbe un’idea bislacca, per non dire pessima.
Ma erano anni che volevo venire a provare la cucina della Regina della Mozzarella, la chef Rosanna Marziale; e (spoiler alert) ne è valsa la pena aspettare; stella o non stella.
Diciamo che, causa orario del treno, ho dovuto cenare “con le galline”, il che mi ha portato ad essere il primo ed unico cliente del ristorante alla sua apertura. Aggiungiamoci l’eleganza del signore e della signora che mi hanno accolto, il fatto che la sala ha un’arredamento retro da jazz club di New York con musica da piano, ed io mi sono presentato in polo e pantalone – causa limite del mio zaino; insomma, mi sono sentito un pochino pesce fuor d’acqua.
Ma chissà se e quando mi sarebbe ricapitato di passare per Caserta. Tanto valeva approfittarne.
Solitamente, quando vado in questo genere di posti, opto sempre per il menu degustazione. Non so se in questo periodo la chef non lo propone, ma sta di fatto che avevo a disposizione la carta e, effettivamente, era ciò che avevo adocchiato.
Gli antipasti, ad eccezione di una Ciambotta con ricotta ed una lonza di maialino, vedono come protagonista il pesce. Ad esempio il polpo arrostito su cremoso di patate viola al profumo di agrumi con pomodorini confit e olive di Gaeta (€24), ma anche il gambero rosso di Mazara con stracciata di bufala, basilico e pomodorini gialli (€26).
Io, invece, ho scelto un calamaro ripieno di provola e patate su specchio di spinacino (€22). Raramente ho visto una dadolata (in questo caso di provola e patate) così minuscola e quasi perfetta. La provola è un formaggio che può essere molto aggressivo, ma in questo piatto è stata dosata benissimo, arricchendo il sapore del calamaro senza coprirlo. Inoltre la bieta accanto era cotta magnificamente: poco acquosa, poco amara, davvero ben fatta (sembra banale, ma alcuni le verdure le rovinano davvero quando ci mettono le mani sopra).
Non è tutto. Perché prima dell’antipasto è arrivato il benvenuto della chef: Crema di latte allo zafferano, polpettina di vitello e polvere di prezzemolo. Sono rimasto colpito dallo zafferano, una spezia che apprezzo molto ma che considero incredibilmente “aggressiva”: anche un pizzico può arrivare a sovrastare tutto – ma non in questo caso.
Qui, lo ammetto, quel poco di crema avanzata l’avrei “scarpettata” volentieri, ma poco male: il servizio del pane è stato fatto poco dopo. È stato monotematico dato che è stata servita una sola varietà di pane – una pagnotta ai cereali – ma era cotta magnificamente, con una bella crosta croccante, e appena sfornata dal forno, quindi bella calda come piace a me!
Sui primi sono rimasto davvero in difficoltà per parecchi minuti. In totale ce n’erano 7, di cui 4 a €22. Tra questi era possibile scegliere un risotto mantecato al basilico con vongole veraci e scorza di limone, mezzi paccheri con cernia, datterini, polvere di cappero e pane aromatizzato, spaghettoni alla Nerano con stracciata di bufala e croccante di zucchine, oppure i tortelli di burrata alla genovese di bufalo con croccante di carote e provolone. Ammetto che proprio su quest’ultimo stavo tentennando…
Ma alla fine ho optato per un secondo: una spalla di manzo cotta a bassa temperatura, riduzione di birra e miele, cremoso di patate e cavolo rosso (€26). La CBT sta andando talmente di moda che tra un po’ ci ritroveremo anche l’acqua servita così, ma quando viene fatta correttamente e con un’idea dietro, ne esce fuori una carne così tenera da sfilacciarsi anche solo con l’utilizzo della forchetta. Tutti gli altri elementi, riuniti insieme, hanno semplicemente centrato l’obiettivo. Perché per esempio non amo particolarmente il cavolo rosso, soprattutto quando viene imbevuto di aceto, ed infatti da solo era forte. Ma quando si prendevano in un solo boccone tutti gli elementi, in bocca arrivava dolcezza, acidità, morbidezza, croccantezza, grassezza: insomma, una festa di consistenze e sapori diversi, dove nessuno litiga.
Per il dolce invece ho preferito esplorare un po’ del territorio e, grazie al mâitre, ho scoperto che il Biancamela (di mela annurca con crema di latte e crumble, €12) è tipico della zona. Sold! E devo dire che l’ho davvero apprezzato. Diverse consistenze, dolcezza decisa ma non stucchevole, giusta quantità, diverse espressioni di uno stesso ingrediente (la mela): l’ho davvero gradito.
Quel che mi è piaciuto è che, nonostante per metà del mio pasto fossi l’unico cliente e che abbia ordinato 3 portate – più il benvenuto della chef diciamo 4 – l’esperienza dalla porta d’entrata a quella d’uscita è durata 1 ora e 20 minuti. Il che, quando non si ha fretta, è ideale per potersi gustare i piatti e l’esperienza nella sua interezza, senza corse, senza affanni e senza pressione. Ottimo portamento da parte dei due camerieri: gentili, eleganti, cordiali, mai invasivi, attenti ad ogni esigenza.
Il conto finale recita €68, che per carità, può essere considerato sopra la media. Ma sopra la media è anche l’ambiente, il portamento dei due operatori di sala, gli ingredienti scelti, il modo in cui vengono lavorati. La qualità, l’eleganza e la ricerca si pagano, punto, e io sono contento di aver speso questa cifra perché in cambio ho avuto una piacevole esperienza di haute cuisine.
Visto che però sembra che mi abbiano pagato per parlare bene di loro, concludo con l’unica nota che ho trovato stonata: il coperto. Non ho mai effettivamente capito come si costruisce la voce del coperto, ma €5 sono effettivamente tantini.
Al netto di questo neo, spero un giorno di tornare e magari quella volta, quando sarò in condizioni più consone all’ambiente, chiederò anche di incontrare e scambiare due chiacchiere con la chef che mi ha davvero coccolato le papille gustative.